mercoledì 27 febbraio 2013

Pelle e capelli: come scegliere le cromie giuste

Scegliere la colorazione giusta per noi non è solo questione di qualità del prodotto. A influire sulla decisione ci sono anche elementi che dipendono dal nostro fisico, primo fra tutti la tonalità che caratterizza la nostra pelle. Infatti, se l'incarnato non è armonico con la nuance dei nostri capelli possono ottenersi risultati spiacevoli, come un aspetto più stanco, più duro o anche semplicemente poco adatto al nostro modo di essere. Non a caso, uno dei top hairstylist italiani ha realizzato un'app per iPad pensata proprio per questo: Franco Curletto, infatti, ha introdotto nei suoi saloni Color Art, un'applicazione che personalizza il servizio colore proprio sulla base delle cromie di pelle e occhi della singola cliente. Vediamo quali sono le regole generali per fare una scelta appropriata, che poi lo stilista di fiducia realizza e perfeziona in salone. 

Incarnato olivastroL'incarnato di questo tipo è tipico delle donne mediterranee. Pensiamo a volti come Penelope Cruz o Salma Hayek, in cui i capelli scuri esaltano i colori freddi e decisi di pelle e occhi. In questo caso la scelta migliore è rispettare le nuance naturali, optando per tinte che vanno dal nero al castano. Le più giovani possono osare di più, arrivando fino al nero corvino. Chi è arrivato agli anta deve preferire invece nuance più morbide, per evitare di indurire troppo i tratti. Da ricordare che per tutte vale la regola di non farsi tentare da toni chiari o da interventi pensati per scaldare, come aggiungere nuance in mogano o caramello.

Pelle dorataLa pelle di questo tipo è sempre scura ma, a differenza di quella olivastra, la dominante in questo caso è calda. Il nero non è un buon alleato perché indurisce troppo e assorbe la luminosità della pelle. Meglio optare per i castani con riflessi dal cioccolato al caramello. Mentre anche in questo caso il biondo è da evitare, perché l'effetto risultante sarebbe fuori luogo, un fake che rischierebbe di invecchiare il viso. Al contrario, la tecnica dello shatush valorizza e illumina.

Carnagione ambrataCon questa tipologia indichiamo pelli che possono essere molto chiare o di media intensità, ma non sono mai bianche, perché mantengono una tonalità calda. Per queste caratteristiche, è meglio non scegliere colori freddi, piuttosto assecondare la cromia naturale con una base che va dal biondo scuro al castano chiaro. Se poi i capelli naturali sono rossi, assecondare il rosso di base è la soluzione migliore, senza tentazioni per il biondo o per il castano.

Pelle di porcellanaLa pelle di questo tipo è bianca e trasparente, con una dominante più fredda. La si distingue da quella ambrata per il colore delle vene blu e non verde. Da evitare la gamma dei rossi, dal rame al mogano, perché sono tinte calde che, contrariamente a quanto si crede in generale, non valorizzano la nuance chiara della pelle. Bene invece con i biondi freddi, i castani senza riflessi ramati o caramello. Una buona soluzione per addolcire i lineamenti è scegliere colorazioni che diano ai capelli luminosità e movimento, per evitare l'effetto parrucca che toglierebbe naturalezza.
DANIELA GIAMBRONE
(a cura di ESTETICA)

http://www.lastampa.it

anche tu qualche volta menti? scopri il perchè

Su usa dire che l’occasione fa l’uomo ladro, e un fondo di verità c’è, perché se questa presunta occasione arriva quando abbiamo poco tempo per decidere, l’istinto pare porti l’essere umano a favorire un comportamento egoistico, dove prevale il rendiconto momentaneo e personale. Per questo motivo, quando le persone sono sotto pressione, tenderebbero a essere disoneste, a mentire.

Ecco quanto scoperto da un team di ricercatori dell’Università di Amsterdam (Paesi Bassi) e della Ben-Gurion University (Israele), che sono partiti dai risultati di precedenti studi che suggerivano come il primo istinto di una persona sia quello di servire il proprio interesse personale, e che le persone sono più propense a mentire quando possono giustificare tali menzogne a se stessi.
Tenendo così presente questi risultati, il dottor Shaul Shalvi, insieme a Ori Eldar, Yoella Bereby-Meyer e colleghi della Ben-Gurion hanno voluto osservare quale fosse il comportamento di una persona nelle diverse situazioni.

«Secondo la nostra teoria – spiega Shalvi – le persone agiscono in prima battuta per soddisfare i propri istinti egoistici, e solo con il tempo prendono in considerazione quello che può essere un comportamento socialmente accettabile. Quando le persone agiscono di fretta, possono tentare di fare tutto il possibile per assicurarsi un profitto, tra cui la deformazione delle regole etiche e la menzogna. Avere più tempo per decidere porta la gente a limitare la quantità di menzogne e a non barare».

Per questo studio, i ricercatori hanno coinvolto circa 70 partecipanti adulti che dovevano lanciare un dado tre volte, per poi riferire il risultato allo sperimentatore che non aveva modo di verificare di persona quanto ottenuto con i dadi dai volontari.
I partecipanti sono stati in prima battuta istruiti per riportare il risultato del primo lancio del dado. E, maggiore era il punteggio ottenuto, maggiore era il premio in denaro che avrebbero ricevuto. Il premio in denaro fungeva da potenziale giustificazione al mentire.
Quando dovevano riportare anche i risultati dei due successivi lanci, i partecipanti potevano giustificare il rendiconto e decidere se i punteggi ottenuti erano maggiori o minori del primo lancio del dado.

La differenza tra i test era che alcuni dei partecipanti erano sotto la pressione del tempo a disposizione nel riferire il punteggio ottenuto: questi dovevano infatti riferirlo entro 20 secondi dal lancio. Gli altri volontari avevano invece a disposizione tutto il tempo che ritenevano necessario.
Al termine di questa prima fase di test, i ricercatori hanno scoperto che tutti e due i gruppi – quello sotto pressione di tempo e quello no – avevano mentito circa i punteggi ottenuti con i lanci dei dadi.
Poiché i ricercatori non potevano sapere quali fossero realmente i punteggi ottenuti, hanno confrontato le risposte dei partecipanti con quelle che avrebbe fornito una persona che non mente. Questo confronto ha permesso di scoprire che chi era sotto pressione aveva mentito in maggiore misura, rispetto a chi aveva più tempo per rispondere.

Nel secondo esperimento i partecipanti non hanno ricevuto informazioni che potessero aiutarli a giustificare le loro menzogne: per esempio dovevano lanciare il dato una volta sola e poi riportare il risultato. Anche qui, una parte doveva rispondere in 20 secondi; l’altra non aveva vincoli di tempo.
I risultati finali, pubblicati sulla rivista Psychological Science, mostrano che i partecipanti che erano sotto la pressione del tempo avevano mentito, mentre coloro che non hanno avuto un vincolo di tempo non hanno mentito.

In linea generale, ciò che i due esperimenti hanno mostrato è che le persone sono più propense a mentire quando il tempo per decidere è poco. Quando invece il tempo non è un problema, le persone possono trovarsi a mentire solo quando hanno delle giustificazioni per farlo.
«Una conseguenza di questi attuali risultati è quella di aumentare la probabilità di comportamenti onesti nel mondo degli affari o nelle decisioni personali. E’ importante non mettere la persona all’angolo, ma piuttosto darle modo di prendersi il suo tempo. Le persone di solito sanno che è sbagliato mentire, hanno solo bisogno di tempo per fare la cosa giusta», conclude il dottor Shalvi.