sabato 13 aprile 2013

torta gelato


http://www.buttalapasta.it/articolo/ricetta-torta-gelato/45645/
Ingredienti per la torta gelato (dosi per 6/8 persone)
1 Pan di spagna da 20 cm di diametro
350 grammi di gelato alla crema
350 grammi di gelato al cioccolato
500 grammi di panna montata
50 ml di rum
20 grammi di zucchero
100 ml di acqua
50 grammi di codette di cioccolato
Preparazione
Preparare uno sciroppo mescolando lo zucchero con l’acqua, quando si sarà sciolto unire il rum.
Foderare con della pellicola per alimenti una teglia in cui inserire la torta, per agevolare la farcitura. Tagliare il pan di spagna in due nel verso orizzontale e spennellare con metà sciroppo la superficie del disco che userete come base.
Spalmare un primo strato di gelato al cioccolato, poi procedere a spalmarci sopra anche il gelato alla crema (per modellare meglio il gelato, lasciarlo fuori dal frigo per qualche minuto e mantecarlo con una spatola prima di stenderlo sul pan di spagna).
Coprire il gelato con l’altro disco di pan di spagna, bagnarlo con il resto dello sciroppo ed estrarre la torta dalla teglia con l’aiuto della pellicola.
Stendere su tutta la superficie la panna montata, compresi i bordi (se ne avete voglia potete inserire un po’ di panna in una sacca da pasticciere col beccuccio dentato e decorare a piacere).
Decorare la superficie con le codette di cioccolato e conservare in freezer. Togliere la torta 10 minuti prima di servire.

Una camminata è meglio dello jogging


LM&SDP
Muoversi fa bene. Su questo non ci sono dubbi.
Ma qual è l’esercizio migliore per mantenersi in forma e prevenire le malattie dell’apparato cardiaco e vascolare?

Sebbene una regola precisa non esista, nuovi studi supportano sempre più l’idea che non bisogna per forza massacrarsi di fatica o diventare dei corridori. E di questo parere è un nuovo studio pubblicato sulla rivista Arteriosclerosis, Thrombosis and Vascular Biology, che suggerisce come la camminata a passo spedito sia benefica per cuore e arterie, ma anche per articolazioni e colonna vertebrale: a differenza di altri metodi, come per esempio il jogging, la camminata infatti non risulta stressante per l’apparato muscolo-scheletrico.

Lo studio è stato condotto dai ricercatori statunitensi del NIH/National Heart, Lung, and Blood Institute, coordinati dal dottor Paul Williams, che hanno voluto confrontare gli effetti del camminare con quelli del jogging sul rischio cardiovascolare. Per far ciò hanno coinvolto 33mila camminatori e 15mila corridori.

Dai risultati della ricerca, ciò che è apparso evidente è che sia la camminata a passo svelto che il jogging sono benefici. Tuttavia, in termini di riduzione del rischio cardiovascolare e altre malattie come diabete, colesterolo alto, ipertensione la camminata è apparsa vincente – sempre rispetto allo jogging o la corsa.
Non è dunque il maggiore sforzo a contare, o l’intensità dell’esercizio, ma la durata o i chilometri percorsi: una bella passeggiata almeno una mezz’ora può pertanto essere salutare quanto, se non di più che correre.
 

Per rafforzare la memoria, annusa il rosmarino


LM&SDP
Il semplice aroma di una pianta aromatica come il rosmarino, principe di molti piatti di cucina, pare possa operare diversi benefici a livello mentale e della memoria. Un concetto già sostenuto dall’Aromaterapia, la tecnica di benessere che utilizza appunto gli aromi delle piante – in genere sotto forma di oli essenziali, che sono un vero e proprio concentrato di pianta e aroma.

Citato anche da Shakespeare nel suo Amleto, il rosmarino è da sempre ritenuto un rimedio per la memoria e le prestazioni cognitive. Ciò che si riteneva già diecimila anni fa, è stato confermato da un nuovo studio presentato alla British Psychological Society’s annual conference che si tiene presso l’Harrogate International Centre (UK) dal 9 all’11 aprile 2013.

Lo studio, condotto dal professor Mark Moss e la collega Jemma McCready della Northumbria University, conferma quanto già suggerito da un precedente studio sempre del dottor Moss, in cui si affermava che il rosmarino migliora le prestazioni cognitive e migliora la memoria a lungo termine fino al 15 per cento.

Per questo nuovo studio, i ricercatori hanno coinvolto un gruppo di 66 persone. I partecipanti sono stati suddivisi a caso in due gruppi da 33 e sottoposti a una serie di test sulla memoria, condotti in due diverse stanze: una pervasa dal profumo di rosmarino; l’altra, senza profumo.
Tra i diversi test, alcuni prevedevano il trovare oggetti nascosti, ricordare specifici oggetti che avevano visto velocemente e altri test per valutare le funzioni della memoria in genere.

I risultati finali hanno mostrato che i partecipanti allo studio appartenenti al gruppo che era stato oggetto dei test nella stanza profumata, hanno ottenuto risultati migliori nei compiti circa la memoria a lungo termine e prospettica, rispetto a quelli che erano stati portati della stanza senza aroma.

«Abbiamo voluto congegnare la nostra precedente ricerca che indicava come l’aroma rosmarino migliorasse la memoria a lungo termine e il calcolo mentale», ha spiegato Moss nel comunicato Northumbria.
In questo studio, il team di ricerca si è concentrato in particolare sulla memoria prospettica, ha sottolineato il dottor Moss. La memoria prospettica implica la capacità di ricordare eventi che si verificheranno in futuro e ricordarsi di completare le attività in determinati momenti.
«Questo è fondamentale per le attività quotidiane – ha proseguito Moss – Per esempio, quando qualcuno ha bisogno di ricordarsi di spedire un biglietto d’auguri o di prendere le medicine in un momento particolare».

Questi risultati potrebbero avere utili implicazioni per il trattamento di soggetti con deficit di memoria, ha aggiunto Jemma McCready.
«[E’ importante] ricordare quando e dove andare, e per quali motivi facciamo tutto questo, e che tutti possono soffrire di carenze minori che possono essere frustranti e talvolta pericolose. Sono così necessarie ulteriori ricerche per indagare se questo trattamento è utile per gli anziani che hanno subìto un declino della memoria», ha concluso il dottor Moss.

Contro il diabete, il caffè...Un estratto di caffè verde aiuta a controllare i livelli di zuccheri nel sangue e anche il peso corporeo: un modo per tenere a bada il diabete di tipo 2, e non solo


LM&SDP
Presentati al 245th National Meeting & Exposition of the American Chemical Society(ACS) che si tiene dal 7 all’11 aprile 2013 a New Orleans, i risultati di uno studio condotto sugli effetti dell’estratto di caffè verde. Ritenuto un antiossidante capace di controllare i livelli degli zuccheri nel sangue, controllare il peso corporeo, gli scienziati suggeriscono che sia utile nel trattamento e prevenzione del diabete di tipo 2.

Sarebbe l’acido clorogenico a mostrare spiccate proprietà antiossidanti utili nel controllo del diabete di tipo 2, la più comune e sempre più diffusa forma di questa patologia.
«Una semplice pillola naturale o capsula – ha spiegato il dottor Joe Vinson, dell’Università di Scranton in Pennsylvania e autore principale dello studio – che contribuiscano da un lato al controllo dello zucchero nel sangue e a favorire la perdita di peso allo stesso tempo, sarebbe un importante passo avanti nel trattamento del diabete di tipo 2».

«La nostra ricerca – ha aggiunto Vinson – e studi pubblicati da altri scienziati, suggeriscono che tale trattamento, in effetti, ci sta. Ci sono una significativa evidenza epidemiologica e altre evidenze che il consumo di caffè riduce il rischio di diabete di tipo 2».

Gli Acidi clorogenici non si trovano soltanto nel caffè verde (ossia non torrefatto), ma sono una famiglia di sostanze attive che troviamo naturalmente anche in mele, ciliegie, prugne, prugne secche, così come altri frutti e ortaggi. Tuttavia, lo studio si è concentrato sugli effetti di un integratore alimentare a base di estratto di caffè verde.
L’utilizzo del caffè verde non torrefatto è spiegato dal fatto che la torrefazione, a causa delle alte temperature utilizzate, danneggia gli acidi clorogenici che, invece, restano attivi e inalterati nei chicchi di caffè verde.

Lo studio ha visto il coinvolgimento di 56 soggetti adulti ambosessi con normali livelli di zuccheri nel sangue. I partecipanti sono poi stati sottoposti a un test di tolleranza al glucosio, per valutare come questi rispondevano agli zuccheri. Dopo di che, sono stati invitati ad assumere, rispettivamente e nel tempo, 100, 200, 300 o 400 mg di estratto di caffè verde in capsula.
I successivi test di tolleranza al glucosio, eseguiti durante il follow-up, hanno mostrato come l’estratto di caffè verde avesse influenzato le risposte fisiologiche dei partecipanti.

«C’è stato un significativo effetto dose-risposta da parte dell’estratto di caffè verde e senza apparenti effetti collaterali gastrointestinali – ha sottolineato Vinson – Tutte le dosi di estratto di caffè verde hanno prodotto una significativa riduzione degli zuccheri nel sangue rispetto a quanto misurato prima dell’inizio dei test. La glicemia massima verificata a 30 minuti è stata del 24 per cento inferiore all’originale con i 400 mg di estratto di caffè verde e la glicemia a 120 minuti è stata del 31 per cento più bassa».

L’estratto di caffè – in questo caso – ma comunque l’acido clorogenico, ha pertanto mostrato di avere reali effetti nel controllo della glicemia. In uno studio precedente, Vinson aveva già scoperto che le persone in sovrappeso o obese che hanno assunto questo stesso estratto erano riuscite a perdere circa il 10 per cento del loro peso corporeo in 22 settimane.