giovedì 21 marzo 2013

Bikini depilato, rischio infezioni in agguato

L’usanza di radersi o fare una ceretta alla zona bikini, o anche alla maniera “brasiliana” che prevede la epilazione totale delle zone intime, secondo gli esperti non è esente da rischi.
Uno tra tutti, è il rischio di contrarre qualche infezione.

Secondo un articolo pubblicato sul British Medical Journal (BMJ), la pratica della ceretta e la rasatura causano dei microtraumi alla pelle che la lasciano vulnerabile agli attacchi degli agenti patogeni, come per esempio il Poxvirus (Molluscum contagiousum).

L’incidenza delle infezioni da Poxvirus è stata scoperta conducendo uno studio su 30 pazienti affetti da questa patologia infettiva, che erano stati trattati presso una clinica francese. Di questi pazienti, 24 erano maschi – a riprova che la depilazione intima è divenuta popolare anche tra gli uomini.

I pazienti erano stati colpiti dal Mollusco contagioso, che è causa di un’infezione virale grandemente contagiosa. Interessa la pelle e le mucose. Spesso si trasmette per contatto o per via sessuale.
In genere, con un’adeguata cura l’infezione scompare – spesso anche in modo spontaneo. Si evidenzia con tipiche macchie bollose rosse. Gli specialisti sconsigliano di schiacciare queste formazioni, poiché non solo si rischia di diffondere più facilmente l’infezione, ma ci si provoca dolore, possibile sanguinamenti e conseguenti cicatrici.

La depilazione intima può anche essere esteticamente piacevole, ma non è dunque esente da rischi. Le infezioni sono sempre in agguato, così come le potenziali infestazioni da verruche genitali. Attenzione pertanto a come si esegue questa pratica, all’igiene e sterilità dei mezzi utilizzati.http://www.lastampa.it/2013/03/19/scienza/benessere/lifestyle/bikini-depilato-rischio-infezioni-in-agguato-liHSuYPdNOBSRzFPjbSPuM/pagina.html

Il consumo di bevande zuccherate causerebbe 180 mila morti l’anno


LM&SDP
E’ di poco tempo fa la notizia che il medico legale ha stabilito che la morte improvvisa della trent’enne neozelandese, Natasha Harris, è avvenuta perché beveva 10 litri di Coca cola al giorno. Certo, questi sono eccessi, e gli eccessi in genere si pagano. Ma senza andare così oltre le possibilità di un corpo di reggere certe esagerazioni, l’uso eccessivo di bevande zuccherate pare possa essere causa di oltre 180mila morti l’anno, a livello mondiale.

Questi numeri sono stati oggetto di un’indagine i cui risultati sono stati presentati all’American Heart Association’s Epidemiology and Prevention/ Nutrition, Physical Activity and Metabolism 2013 Scientific Sessions. Dati che sono stati raccolti dal Global Burden of Diseases Study 2010.
Secondo gli autori dello studio, il rischio di morte è derivato dalla possibilità di sviluppare malattie come diabete, patologie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro, anche a seguito di un aumento di peso o obesità dovute all’eccesso di zuccheri.

Nello specifico, i ricercatori hanno calcolato che, ogni anno, vi sono 133.000 morti per diabete, 44.000 morti per malattie cardiovascolari e 6.000 morti per cancro – morti che, secondo loro, sarebbero correlate all’assunzione di bibite zuccherate.
L’indagine ha tuttavia messo in evidenza come ben il 78 per cento dei decessi avvenisse nei Paesi a basso e medio reddito, che non in Paesi più sviluppati.

Per arrivare alle loro conclusioni, i ricercatori hanno analizzato il consumo di bevande zuccherate, o dolcificate, nei vari continenti. Hanno poi suddiviso questo consumo in base all’età e il sesso e, infine, valutato l’impatto sullo sviluppo di obesità e diabete e come queste patologie fossero poi correlate ai decessi.
I dati raccolti hanno permesso di dividere in due il mondo: da un lato l’America Latina e i Caraibi dove vi era una prevalenza di morti per diabete; dall’altra l’Oriente e l’Eurasia dove vi era una prevalenza di morti per eventi cardiovascolari.
La palma dei maggiori consumatori di bevande zuccherate è andata al Messico, mentre quella per il più basso consumo è andata al Giappone. L’Italia ne esce senza infamia né lode.