domenica 28 ottobre 2012

Per dimagrire, ritrovare il buonumore e la salute, alzati presto la mattina

Il segreto per essere felici, sani e anche magri è nell’ora in cui ci si alza al mattino.
Un nuovo studio britannico a cura dei ricercatori della Università Roehampton ha infatti evidenziato come chi si sveglia presto (e si alza, perché non basta svegliarsi) gode di tutta una serie di vantaggi che sono preclusi ai dormiglioni.
Se poi il sonno al mattino è dovuto alla “vita notturna”, peggio che mai perché i nottambuli sono più soggetti al sovrappeso, lo stress e la depressione.

Come sono arrivati i ricercatori a determinare che i grilli mattutini stanno meglio dei ghiri?
Ci sono arrivati con un’indagine che ha coinvolto 1.068 adulti e indagato sullo stile di vita e le abitudini riguardo al sonno.
Il primo dato acquisito ha mostrato che i mattinieri si alzavano dal letto in media alle ore 6.58, mentre i nottambuli alle 8.54. Le cose tuttavia cambiano un po’ durante il fine settimana dove ognuno dei due tipi di persona si concede un’ora in più di sonno: le 7.47 in media per i mattinieri e le 10.09 in media per i nottambuli, o seraioli.

«Ci sono persone mattiniere e persone serali – ha spiegato alla conferenza della British Psychological Society il dottor Joerg Huber – e la gente del mattino tende a essere più sana e più felice, oltre ad avere più bassi indici di massa corporea».
Come riportato dal Telegraph, il ricercatore ha anche scoperto che si attarda la sera a guardare la televisione è anche più propenso a saltare la colazione al mattino. Questa, in genere, è vista come una cattiva abitudine che può portare a seguire una dieta errata che, oltre magari a fare ingrassare, influisce negativamente sulla salute.
Se pertanto vogliamo essere in forma, sia fisica che mentale, non dobbiamo far altro che seguire lo stile di vita dei contadini, i quali vanno presto a letto la sera e si alzano altrettanto presto al mattino.
http://www.lastampa.it

Ecco la besciamella per gli intolleranti al glutine e lattosio

La besciamella è la più nota e utilizzata salsa bianca.
Di origine francese – il cui nome originale è “la sauce à la Bèchameil” – è molto conosciuta anche in Italia. Nei paesi anglosassoni o negli Usa è invece conosciuta con il nome di “White sauce”.
In cucina trova il suo posto in numerosi piatti tra cui le lasagne, la pasta al forno, il timballo e molte altre preparazioni, sempre in genere a base di pasta.

Unico neo – anzi, tre –  di questa salsa sono proprio gli ingredienti principali: il latte, il burro e la farina che, per chi è intollerante al lattosio o al glutine, o tutti e due, ne precludono l’uso e il consumo. Ma non tutto è perduto. Grazie agli esperti statunitensi dell’Institute of Food Technologists (IFT) infatti è ora possibile utilizzare la besciamella per celiaci e intolleranti al lattosio. La ricetta è anche adatta a vegetariani e vegani, dato che è priva di alimenti di origine animale.

La notizia , con i risultati dello studio, è riportata sul Journal of Food Science. E qui si scopre che i ricercatori statunitensi hanno trovato il modo di produrre una salsa besciamella con ingredienti naturali, privi di lattosio, ma con proteine vegetali e amidi senza glutine.
Nella fattispecie, il latte è stato sostituito con le proteine della soia. Questo procedimento, non solo rende migliore la struttura della salsa – si legge nella nota IFT – ma diviene anche un’opzione salutare, riducendo il rischio di malattie cardiovascolari e cancro al seno.
La farina di frumento invece è stata sostituita da amidi cerosi privi di glutine: tra questi vi è il mais o il riso. Anche questi ingredienti hanno sia la capacità di migliorare la struttura della salsa che apportare modifiche minime e praticamente impercepibili su colore e gusto tradizionale.
Il burro, dal canto suo, è stato rimpiazzato con l’inulina, un alimento funzionale noto per le sue proprietà di ridurre il rischio di malattie gastrointestinali e cardiovascolari.

Insomma, non solo si è trovato il modo di produrre una salsa besciamella adatta a chi ha problemi di intolleranza, ma ci troviamo di fronte a un condimento sano, che promuove la salute. E, stando a quanto riferito dai ricercatori, anche l’aspetto e il gusto non farebbero rimpiangere la tradizionale salsa. Non resta che provarla e poi giudicare.
http://www.lastampa.it

Perdonare non sempre è bene .......Lasciar correre le scappatelle, i tradimenti e l’inaffidabilità può essere più dannoso per un rapporto o un matrimonio che non lo sfogo di rabbia o le discussioni aperte


incrinatura da parte di uno dei due partner sia un bene, che le cose vadano per l’appunto bene e che il rapporto stesso sia felice. In realtà, sotto la crosta, c’è ancora del magma pronto a riversarsi fuori e a incenerire tutto quello che incontra: il risultato è la separazione o il divorzio.

In molti si saranno trovati nella situazione di dover decidere se dare un taglio al rapporto o perdonare la scappatella, l’infedeltà (sia amorosa che finanziaria) del proprio partner. È una di quelle situazioni che mette a dura prova una relazione e che, spesso, si porta dietro numerosi strascichi. Non è raro infatti che, anche se si è perdonato, le cose precipitino dopo un po’ di tempo. Non tanto perché la persona che perdona si sia pentita, ma perché è il perdonato che tende a sottovalutare l’importanza del gesto e a mancare di rispetto all’altro.

Questo è quanto sostenuto dal dottor James McNulty della Florida State University, il quale ritiene che sia meglio una sana litigata, esprimendo i propri sentimenti, che non il far finta che non sia accaduto nulla e che non ci si senta feriti nell’intimo. Una burrasca che può nell’immediato mettere sottosopra il rapporto, ma che può essere invece vantaggioso per la salute del rapporto stesso nel lungo termine.
Una situazione pertanto che va un po’ in controtendenza a quanto sentito negli ultimi anni circa il perdono, la tolleranza, che si riteneva potessero offrire un futuro migliore alle relazioni. In una serie di recenti studi, infatti, si è scoperto che il perdono nel matrimonio potrebbe avere alcuni effetti negativi non intenzionali.

«Ho continuato a trovare le prove che i pensieri e comportamenti che si presume essere associati con un migliore benessere portano a peggiorare il benessere di alcune persone (di solito le persone che hanno più bisogno di aiuto per raggiungere questo benessere) – spiega McNulty nel comunicato FSU – Abbiamo avuto tutti un’esperienza in una relazione in cui un partner trasgredisce contro di noi in qualche modo. Per esempio, un partner può essere finanziariamente irresponsabile, infedele, o non solidale. Quando si verificano questi eventi, si deve decidere se dovremmo essere arrabbiati, tenerci la rabbia, o perdonare».

I risultati completi dello studio erano stati presentati al 120th Annual Convention of the American Psychological Association (APA) tenutosi a Orlando, in Florida, e mostrano come vi siano una serie di fattori che potrebbero complicare l’efficacia del perdono, incluso il livello di piacere del partner, gravità e frequenza della trasgressione – tutti fattori che, di fatto, sono una sempre più evidente mancanza di rispetto per il partner oggetto del tradimento.
«Essere convinti che il proprio partner perdoni, porta le persone gradevoli a essere meno probabile che offendano il partner, ma questo può portare le persone sgradevoli ad avere maggiore probabilità di offendere il partner – prosegue McNulty – Se il partner può fare qualcosa per risolvere un problema che è destinato a proseguire diversamente e influenzare negativamente il rapporto, le persone possono sperimentare benefici a lungo termine sospendendo temporaneamente il perdono ed esprimendo la rabbia».

La rabbia, secondo l’esperto, può essere anche importante quando si debba far capire al partner che il suo comportamento, spesso offensivo, non è accettabile. «Questo studio – aggiunge McNulty – suggerisce che le persone devono essere flessibili nel modo di affrontare i problemi che inevitabilmente si presentano nel corso delle loro relazioni. Non c’è nessuna “bacchetta magica”, o un unico modo di pensare o comportarsi in un rapporto. Le conseguenze di ogni scelta che facciamo nei nostri rapporti dipendono dalle circostanze che ruotano intorno a questa decisione».
Ecco un caso in cui perdonare potrebbe essere diabolico anziché divino.

sapevate che..... anche il bere moderato fa male al cervello ..


Secondo alcuni, bere moderate quantità di bevande alcoliche può essere benefico per la salute cardiovascolare. Ma, posto che questo sia vero, secondo un nuovo studio della Rutgers University, sarebbe invece dannoso per il cervello adulto poiché ne verrebbe intaccata la plasticità strutturale.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Neuroscience, e suggeriscono che il cervello può essere danneggiato nella produzione di cellule, che verrebbe ridotta del 40%, in particolare se si è dediti a bere poco durante la settimana e bere di più nei fine settimana.
Ad averlo scoperto sono stati Tracey J. Shors, professoressa di neuroscienze comportamentali e sistemi presso la Rutgers University e la dottoressa Megan Anderson, le quali hanno collaborato con Miriam Nokia della University of Jyvaskyla in Finlandia.

«Anche bere con moderazione può trasformarsi in binge drinking [bere compulsivo] senza che la persona se ne accorga – ha commentato Anderson nella nota Rutgers – A breve termine potrebbero esserci danni motori o funzionali impercettibili, ma a lungo termine questo tipo di comportamento potrebbe avere effetti molto negativi su apprendimento e memoria».
I test per valutare l’impatto dell’alcol, nella misura dello 0,08% – che è il limite legale tollerato per la guida di un veicolo negli Usa e in altri Paesi – è stato condotto su modello animale. La dose di alcol è stata comparata a quella che si otterrebbe per un essere umano con il consumo di 3-4 bevande per le donne e 5 per gli uomini.

I risultati dei test e delle analisi hanno permesso di scoprire che nei roditori che avevano “bevuto” vi era una riduzione di circa il 40% delle cellule nervose prodotte nell’ippocampo, la regione del cervello in nascono nuovi neuroni e che è collegata a diverse modalità e funzioni di apprendimento.
«Se questa area del cervello è colpita ogni giorno per molti mesi e anni, alla fine si potrebbe non essere in più grado di ottenere nuove abilità o imparare qualcosa di nuovo nella vostra vita – spiega Anderson – E’ qualcosa di cui si potrebbe anche non essere a conoscenza che si sta verificando».

La differenza tra il bere moderato e no sta dunque nel sapere quali sono i limiti che ogni persona ha: a seconda non solo del genere di appartenenza, ma anche perché ognuno è un caso a sé. Se per una persona tre bicchieri sono pochi, per un’altra possono essere troppi. In ogni caso, se è solo una questione di vantaggi presunti per il cuore, e visti i danni non solo al cervello, è bene comunque sapere che l’alcol non fa bene.
Mettiamo pertanto da parte l’idea che quando si è in compagnia bisogna per forza bere alcol, e anche quella che nel fine settimana bisogna “sfogarsi”, e pensiamo di più a noi stessi e alla nostra salute.
«Questa ricerca indica che il bere sociale o giornaliero può essere più dannoso per la salute del cervello più di quello che oggi si ritiene da parte delle persone in generale», conclude a questo proposito Anderson.